LA MIA VENEZIA
LA MIA VENEZIA
Pierre Pellegrini si manifesta come fotografo, fotografo-lirico.
Le sue immagini catturano perché descrivono una realtà che diviene metarealtà, per la solitudine, per le luci, le zone d'ombra per i silenzi profondi, silenzi in cui lascia cadere lo spettatore.
Pierre non ha sottoposto le sue foto ad una lettura circolare che tuttavia i suoi scatti suggeriscono. Non si possono trascurare le poche parole che Pellegrini pone a commento dei suoi fotogrammi perché la sua produzione va letta coniugando immagine e testo. Entrambi sono semplici, netti e, proprio per questo, molto significativi.
Ciò che conta è l'idea, il progetto che si ha in mente quando si usa lo strumento fotografico e a me sembra, che Pierre con dedizione e attenzione segua il parlar muto della natura. Di quest'ultima indaga stagioni, il nascere e il morire del giorno. L'idea progettuale di Pierre è volta a riflettere, a far riflettere sulla relazione uomo-natura anche se, rara, appare la presenza umana.
"La mia Venezia" l'immagine selezionata parla senza parlare, dialoga perché due sono le seggiole anche se, come dicevo, le figure "umane" non sono visibili. Ecco l'elemento chiave è il dialogo continuo, sommesso con
l'"invisibile".
Straordinario è il gioco di luci e di riflessi che il Pellegrini riesce a rendere in molteplici suoi scatti. Qui primariamente il dialogo è tra i colori, fondamentalmente due, il nero e l'azzurro, uniti ad una leggerissima parvenza di arancio-rosa testimonianza del sole nel calar dell'orizzonte.
Come un "focus", come luce su un palcoscenico, tutto buio d'intorno e obiettivo centrato sul blu-bianco del lago e l'esatta corrispondenza nel cielo. Gli elementi acqua e cielo sono solo apparentemente separati dalla
costa che, anch'essa, con la sua massa scura ,si riflette nell'elemento acqua.
Che bellezza quella luce, quell'unico punto luce che fa emergere dal buio la "visione".
Pierre, in tal modo, rende manifesto, con semplicità ma con forza, quanto la luce sia determinante all'umano per vedere e, al fotografo, per fare e rendere visibile il suo scatto. Senza luce l'uomo non può nulla perché vita mancherebbe alla terra e la fotografia non sarebbe perché non avrebbe ragion d'essere.
Ma il Pellegrini mette tutti gli elementi: l'acqua, l'aria, la terra e, al posto del fuoco, "la luce" che potrebbe considerarsi fuoco nel senso che "la luce" accende la possibilità di vedere.
Ma dicevamo del dialogo che comunque Pierre manifesta. Sì perché quelle due seggiole si parlano nell'osservare gli elementi, raccontando dell'indispensabilità di quelli, gli elementi, per l'essere umano e la vita.
Non c'è bisogno d'altro e il fotografo non aggiunge altro, Pierre sussurra agli spettatori che l'"invisibile", attraverso
un'osservazione lenta, profonda, si manifesta.
Ah, dimenticavo l'intitolazione "La mia Venezia" : il Pellegrini ha immortalato laghi ,svizzeri, che raccontano del suo luogo natio e dunque delle sue radici.
Caterina De Fusco